Lettera aperta a Tuto Rossi

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Egregio signor Rossi,

vorrei presentarle alcune riflessioni in merito alla sua lettera aperta del 6.4.2012 (http://bit.ly/HnDese) che mi concerne direttamente, rispettivamente all’interrogazione parlamentare “Sanzioni contro avvocati e notai condannati penalmente” che ho inoltrato al Consiglio di Stato insieme al deputato Ivan Cozzaglio in data 30.3.2012  (http://bit.ly/HCAgNd).

Come prima cosa, invito lei e chi ci segue a (ri)leggere e a paragonare i contenuti e i toni dei due testi.

Quanto lei afferma è falso. No, non abbiamo formulato alcun invito a un suo “boicotto da parte della clientela” e tanto meno a un “linciaggio”. No, non abbiamo chiesto al governo “di vietar[le]l’esercizio del mestiere di avvocato”. No, non abbiamo presentato quest’interrogazione per “spedir[la]sulla gogna mediatica” solo perché lei difende Giuliano Bignasca & co. nei tribunali.

Abbiamo semplicemente chiesto al governo – usando un tono pacato e rispettoso, nonché argomenti politici (condivisibili o no) – di fornirci un suo parere circa l’esistenza di eventuali lacune a livello di legge che riguardano sanzioni per avvocati condannati penalmente e l’opportunità di colmarle tramite modifiche di legge cantonale o federale, affinché in futuro casi analoghi al suo non si ripetano. A tale scopo abbiamo pure chiesto di conoscere la sentenza della sua riammissione all’albo degli avvocati. Non abbiamo quindi chiesto alcuna modifica di legge con effetto retroattivo che avrebbe potuto colpirla, anche perché ciò sarebbe in contrasto con lo stato di diritto.

Come spesso accade, l’efficacia di una legge va esaminata in base a casi concreti. Quando il legislatore – e ricordo che chi è deputato fa parte del potere legislativo – si accorge che qualcosa non funziona a livello di contenuti e/o di attuazione di una legge, è un suo diritto, se non addirittura un dovere, intervenire per modificarla. Siccome in questo caso è stato il suo caso a fornirci un esempio di come la legge (dal nostro punto di vista) non funzioni, lo abbiamo citato, senza rivelare niente di nuovo sulla sua vicenda e riportando semplicemente quanto è noto da tempo perché più volte discusso nei media.

Certo, è un suo diritto sostenere che la legge in vigore sia invece sufficiente e che un avvocato condannato penalmente debba poter continuare ad esercitare la propria professione. Ma conceda anche a noi il diritto di pensarla diversamente.

Il fatto che siamo partiti da un caso concreto è del tutto normale. Tantissimi altri deputati prima e dopo di noi hanno chiesto modifiche di legge usando il medesimo approccio. Per limitarci a quella parte politica che lei difende nei tribunali, ossia alla destra nazionalista, quante volte li abbiamo visti citare casi di “finti invalidi”, di frontalieri, di richiedenti l’asilo, di candidati alla naturalizzazione, ecc., per poi chiedere al governo inasprimenti di legge o sanzioni più severe? La differenza è che quelle persone non erano nella posizione di difendersi. Lei invece lo è. Ma sulla base di quale logica dovrebbe essere lecito citare casi che riguardano le categorie più deboli della società – invalidi, poveri, stranieri – che non possono difendersi, ma non quelli che riguardano personaggi pubblici in grado di difendersi, a maggior ragione se si tratta di un avvocato che lo fa per professione?

Lei avrebbe potuto reagire con altrettanta pacatezza, e magari ironia, alla nostra interrogazione, se la riteneva lesiva della sua dignità professionale. Ma non lo ha fatto. Ha preferito accusarci – ovvero accusarmi, perché per una qualche ragione ha citato solo a margine l’altro firmatario dell’interrogazione – con toni e contenuti di una violenza verbale inaudita e con insinuazioni che quando non sono assurde sono semplicemente false. Ecco allora qualche precisazione:

1.      No, io non c’entro nulla con la pubblicazione del giornale “5 minuti” e i suoi contenuti mi riguardano quanto quelli di “10 minuti” o del “Mattino della Domenica”.

2.      No, io non c’entro nulla con le 10 domande poste a Boris Bignasca su “Confronti”, anche se ho un’opinione ben precisa in merito alla successiva polemica (e che potrà leggere nel prossimo numero del medesimo mensile, se le interessa).

3.      No, non nutro alcun odio nei suoi confronti.

4.      No, il fatto che lei, avesse “appena assunto” la difesa di Giuliano Bignasca & co. non c’entra nulla con l’inoltro della nostra interrogazione. In effetti, l’idea ci è venuta già nello scorso agosto, quando abbiamo appreso della sentenza che annullava la sua radiazione dall’albo degli avvocati (non a caso nell’interrogazione citiamo un articolo del CdT pubblicato in quel mese), e solo per una questione di tempo e di altre priorità l’abbiamo presentata ora. Inoltre, che ci creda o no, non eravamo a conoscenza dei mandati che lei ha ricevuto dai Bignasca. Ma supponiamo pure che lo avessimo saputo: ciò avrebbe forse dovuto farci desistere dall’inoltrare l’interrogazione? È pure falsa l’insinuazione apparsa sul Corriere del Ticino il giorno dopo la sua lettera aperta (7.4.2012), che mette in relazione la data nostra interrogazione con il fatto che il giorno prima (29.2.2012) il pretore F. Trezzini aveva citato le parti di una causa di diritto civile (fra cui lei, come avvocato dei Bignasca) a comparire in un’udienza. Possiamo facilmente dimostrare che la bozza della nostra interrogazione era pronta diversi giorni prima di tale data e che non potevamo certo conoscere l’agenda di lavoro del pretore Trezzini.

5.      No, prima di inoltrare il testo dell’interrogazione non abbiamo chiesto un parere al deputato Mario Branda e la prego quindi di tenerlo fuori dalle sue considerazioni. Siamo abbastanza grandi per assumerci le nostre responsabilità. Così come chiediamo a lei di assumersi le sue responsabilità.

Lei scrive che “soltanto un fascista depravato può concepire un simile odioso modo di fare politica in Ticino”, in relazione all’insinuazione contenuta nelle 10 domande a Boris Bignasca,  secondo cui egli sarebbe stato vittima di “disturbi caratteriali” perché da bambino sarebbe stato abbandonato, insieme alla madre, da Giuliano Bignasca. Poco dopo, tuttavia, lei stesso dedica un intero paragrafo alla mia storia personale e alla mia psiche ipotizzando l’esistenza di chissà quali rancori nel mio inconscio e auspicando che il sottoscritto possa andare a Sarajevo a “curare il suo intimo” e a “lasciare l’odio”, aggiungendo che ciò sarebbe “un bene per tutti”, e in particolare “per il Ticino che lo ha accolto”.

In queste sue parole ritrovo i toni e i contenuti dei media della Lega dei Ticinesi che a più riprese mi hanno invitato a “tornare a Sarajevo” perché a loro dà fastidio che “uno Stojanovic” (sono parole di Giuliano Bignasca) osi fare politica in Ticino e, soprattutto, che osi attaccare frontalmente la loro politica. D’altronde, è  solo un caso che la sua lettera fosse diretta esclusivamente contro il sottoscritto, menzionando solo di sfuggita il secondo firmatario dell’interrogazione? Come mai? Forse perché crede che uno dal cognome in “ic” sia più facilmente attaccabile che un “ticinese DOC” perché, in fondo, basta dirgli di tornare “a casa sua”? Comunque sia, la cosa mi lascia del tutto indifferente. Il Ticino che mi ha accolto non è il Ticino dei Bignasca ma un Ticino che ha la nausea del “Mattino”, che è spesso anch’esso vittima di attacchi leghisti e che in buona parte ritrovo nelle manifestazioni, anche recenti, contro la Lega. La Lega e i suoi avvocati non hanno perciò alcun diritto morale di appellarsi a quel Ticino per attaccarmi. Osservo tuttavia che lei non si limita a fare l’avvocato dei suoi clienti leghisti, ma fa proprio il loro linguaggio e i loro metodi. Niente di nuovo sotto il sole: sono in molti a pensare che solo la Lega e i suoi organi d’informazione, forse perché sovvenzionati da enti pubblici (AIL ecc.), abbiano il diritto alla “licenza di uccidere” (metaforicamente parlando), da usare ogni domenica contro i propri avversari politici, mentre gridano allo scandalo se gli altri osano avvicinarsi anche solo da lontano a tale prassi.

In un primo momento ho pensato che la sua attività professionale fosse compromessa non già dal testo della nostra interrogazione bensì dai contenuti e dai toni di questo suo scritto che mi riguarda personalmente. Soltanto più tardi ho capito che presentandosi quale vittima di chissà quali cospirazioni, e soprattutto indicando nel sottoscritto il suo principale aggressore, lei è stato abile nell’attirarsi simpatie di tantissimi potenziali clienti, leghisti ma non solo. Complimenti per la furbizia! Visto che a questo punto il lavoro non le mancherà di certo, rinuncio a presentare una querela nei suoi confronti per diffamazione e calunnia – di cui il suo scritto abbonda – anche se la meriterebbe, eccome. Le auguro quindi Buon lavoro nella sua qualità di avvocato con precedenti penali.

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