Il coraggio di essere europei

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Corriere del Ticino, 15 maggio 2014, p. 36. PDF

Nenad Stojanovic*

Incredibile ma vero: una ventina di anni fa tutti e quattro partiti rappresentati al Consiglio federale erano favorevoli o per lo meno non del tutto contrari all’adesione della Svizzera all’Unione europea. Persino l’UDC: come lo ha ricordato di recente la Neue Zürcher Zeitung, ancora a metà degli anni 1990 solo una piccola maggioranza dei delegati di questo partito (131 contro 111) avevano accettato la proposta secondo cui l’adesione all’UE non deve essere un obiettivo della politica estera svizzera. Nel 1995 il PLR ha dichiarato che l’adesione era un “obiettivo strategico”. E non più di 13 anni fa i delegati del PPD svizzero si sono pronunciati a favore dell’iniziativa popolare “Sì all’Europa!” che chiedeva l’avvio immediato dei negoziati di adesione! Oggi invece soltanto il Partito socialista e i Verdi svizzeri sono ancora favorevoli a questa opzione.

Il più importante successo del miliardario Christoph Blocher è stato proprio questo: aver capovolto l’agenda europeista della Svizzera. A poco a poco il leader dell’UDC è infatti riuscito a convincere la stragrande maggioranza del suo partito a voltare le spalle all’Europa, a vincere il referendum sull’adesione allo Spazio economico europeo nel 1992 (anche se, bisogna ricordarlo, il 49,7% dei votanti si era espresso a favore dello SEE) e a influenzare la politica europea dei due altri partiti borghesi, il PLR e il PPD. Questi due partiti hanno infatti appoggiato degli accordi settoriali con l’UE, la famosa “via bilaterale”, ma non più l’adesione quale obiettivo strategico.

La votazione del 9 febbraio ha mostrato i limiti dell’approccio bilaterale. Tanti cittadini hanno capito che la politica isolazionista dell’UDC e dei suoi alleati conduce la Svizzera in un vicolo cieco. La retorica populista fatta di slogan “sovranità e indipendenza” sarà utile per vincere votazioni e elezioni ma è una retorica falsa. Nel mondo di oggi nessuno Stato può essere totalmente sovrano e indipendente. Si rafforza la sovranità non erigendo muri ma essendo presenti e avendo una voce in capitolo laddove si prendono le decisioni che ci concernono, quindi anche a Bruxelles.

Sembra paradossale ma non lo è: dopo il 9 febbraio è cresciuto e non diminuito il numero di svizzeri che hanno di nuovo il coraggio di dirsi europei. Non a caso sempre più cittadini, fra cui tanti giovani, aderiscono al Nuovo movimento europeo Svizzera (NUMES), l’unica associazione che tuttora difende la via europea. Il numero dei suoi membri è infatti cresciuto del 10% negli ultimi tre mesi. Nella sua assemblea di sabato 10 maggio i delegati di NUMES hanno eletto alla co-presidenza un duo zurighese-vodese e hanno riconfermato alla vicepresidenza il ticinese Jacques Ducry, già deputato PLR al parlamento cantonale. Il NUMES chiede al Consiglio federale di mettere sul tavolo i vantaggi e gli svantaggi di tutte le opzioni: non solo quelli relativi alla via solitaria, alla via bilaterale e all’adesione allo SEE ma anche quelli che riguardano l’adesione all’UE.

Fra qualche anno ci attendono importanti votazioni nelle quali si giocherà per davvero il futuro della Svizzera. Il miliardario Blocher ha già iniziato la sua nuova battaglia isolazionista ed è pronto a spendere di tasca sua milioni di franchi pur di vincerla. Noialtri non abbiamo i suoi milioni. Ma abbiamo e avremo il coraggio di batterci per le nostre idee, per una Svizzera sulla via europea, per un’Europa più sociale. Non per cieca ideologia, ma perché convinti che questo sia nell’interesse di quelle cittadine e di quei cittadini che contrariamente a Blocher non sono né miliardari né milionari.

*Membro del comitato NUMES Ticino e Svizzera

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