La sovranità è cantonale? No, è federale

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il Caffè, 29 marzo 2020.

Nenad Stojanović *

Volumi interi sono stati scritti sul concetto di sovranità. Chi è sovrano? In Svizzera, i cantoni svizzeri si credono almeno in parte sovrani e ci tengono a sottolinearlo nelle rispettive costituzioni. In Ticino, l’articolo 2 della Costituzione si intitola “sovranità” e afferma che “la sovranità del Cantone risiede nell’universalità dei cittadini [e delle cittadine]ed è esercitata nei modi stabiliti dalla Costituzione [cantonale]”. Ma per capire in che misura il Cantone sia davvero “sovrano”, bisogna leggere il primo articolo della Costituzione cantonale: “Il Cantone è membro della Confederazione svizzera e la sua sovranità è limitata soltanto dalla Costituzione federale”. 

Qualcosa di simile si legge anche nella Costituzione federale (art. 3), sotto la voce … “federalismo”: “I cantoni sono sovrani per quanto la loro sovranità non sia limitata dalla Costituzione federale ed esercitano tutti i diritti non delegati alla Costituzione”. 


La Costituzione lascia quindi ai cantoni un’illusione di sovranità. Per capirlo basta citare la celeberrima definizione della sovranità coniata dal filosofo di diritto Carl Schmitt: “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Come per dire: nei tempi normali, esistono vari livelli e attori politici. Ognuno ha qualcosa da dire, delle competenze decisionali e così via. Ma è nei tempi di crisi che si capisce dove risieda per davvero il potere sovrano. Chi ha il potere di decretare lo “stato di eccezione”?


Se osserviamo quanto successo nelle scorse settimane, la risposta è davanti ai nostri occhi e non lascia alcun dubbio: in Svizzera il potere sovrano risiede nelle autorità federali e più precisamente nel suo presidente eptacefalo. È infatti il Consiglio federale che ha preso in mano la gestione della crisi del coronavirus e ha proclamato la “situazione straordinaria”, rilasciando ordinanze valide per l’intero Paese. Non ha consultato il Parlamento e tantomeno il Popolo, nonostante quest’ultimo fosse comunamente chiamato “il sovrano”. E a scanso di equivoci, spetta sempre al Consiglio federale “provvede[re]all’osservanza del diritto federale” e prendere a tale scopo “le misure necessarie” (art. 186 cpv. 4 Cost.)

Fine della storia? Macché! Come spesso accade, la Costituzione, le leggi e le ordinanze lasciano quasi sempre un margine di interpretazione. È d’altronde questo il lavoro quotidiano dei tribunali, avvocati, professori di diritto… Ad esempio, per diversi giorni non era chiaro se la seconda ordinanza del Consiglio federale sul coronavirus, laddove si afferma che “sono vietati gli assembramenti di più di 5 persone nello spazio pubblico” (art. 7c) si applicasse anche alle sedute dei consigli comunali e dei parlamenti cantonali, o persino all’Assemblea federale (e, perché no?, allo stesso Consiglio federale). In un primo momento l’Ufficio federale di giustizia (Ufg), che veglia sull’applicazione del diritto federale nei Cantoni, ha affermato che questa regola non prevede eccezioni. Ma il parlamento cantonale di Zurigo non era convinto e ha chiesto il parere giuridico di un esperto (Felix Uhlmann). Il quale è giunto alla conclusione che l’ultima ordinanza non annulla certe eccezioni previste nelle ordinanze precedenti. Il parere dell’esperto era talmente convincente che l’Ufg ha dovuto fare marcia indietro. La vita democratica non si ferma, quindi, i parlamentari dei tre livelli possono tornare a riunirsi. 

La Costituzione lascia ai cantoni un’illusione di sovranità. Per capirlo basta rileggere Carl Schmitt: “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”.

Il Ticino monello, la Confederazione matrigna?

Anche quando la Costituzione, una legge o un’ordinanza non lasciano alcun margine di interpretazione a livello giuridico, ciò non vuol dire che non ci siano margini di manovra a livello politico. L’esempio lampante è la decisione del governo ticinese di chiudere tutte le attività commerciali e produttive private, e in particolare i cantieri, a causa del coronavirus. In un primo momento il direttore dell’Ufg Martin Dumermuth si è limitato a osservare che la decisione era contraria al diritto federale. Questa dichiarazione di Dumermuth ha scatenato vive reazioni (negative) in Ticino e una levata di scudi – incluse diverse accuse contro i “balivi bernesi”, soprattutto sui social – quasi senza precedenti. 

Ma a livello politico il Consiglio federale, che stando alla Costituzione avrebbe il potere di “prendere le misure necessarie” al fine di far osservare il diritto federale, ha usato i guanti di velluto. L’esecutivo ha capito che la situazione del Ticino era più grave che negli altri Cantoni e quindi ha dapprima deciso di tollerare la decisione del governo ticinese. Qualche giorno più tardi, venerdì scorso, ha modificato l’ordinanza, prevedendo esplicitamente eccezioni per i cantoni in cui la situazione risultasse particolarmente difficile, e in particolare per il Ticino. Questa modifica rende quindi conforme al diritto federale la decisione del governo ticinese. Anche questo è un esercizio di sovranità. 

La polemica, poi rientrata, fra Confederazione e Ticino sulla chiusura dei cantieri è un’occasione per rileggere l’ottimo saggio di Orazio Martinetti, uscito ormai quasi 20 anni fa: “La matrigna e il monello: Confederazione e Ticino fra dialoghi e silenzi” (Armando Dadò ed.,  Locarno 2001). L’autore vi ripercorre la storia dei rapporti fra la Berna federale e il sud delle Alpi. Rapporti di principio amichevoli, ma talvolta anche tesi. Spesso i politici ticinesi si lamentano di essere incompresi a Berna, che le autorità federali non capiscano la “situazione particolare” che vive il Ticino. Si pensi soltanto alle “rivendicazioni ticinesi” degli anni 1920, fra le cui richieste figuravano il recupero sulle forze idriche della Leventina, un incremento dei servizi e degli impieghi federali per gli italofoni ma anche l’abolizione delle scuole in lingua tedesca. Più recentemente, nel 2002, il Ticino riuscì a tessere un’alleanza con la Svizzera orientale e convince una maggioranza del Parlamento di portare a Bellinzona e a San Gallo le sedi dei nuovi tribunali federali, contro la volontà del Consiglio federale che puntava su Aarau e Friburgo.

* politologo all’Università di Ginevra.  

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