Il Caffè, 9 luglio 2017, pp. 1-2.
Nenad Stojanović, politologo
Siamo tutti d’accordo: i romandi hanno già abbastanza rappresentanti in Consiglio federale. Questa volta tocca alla Svizzera italiana. In questo contesto sarebbe stato del tutto giustificato se il Partito liberale radicale ticinese (Plrt) avesse annunciato, con determinazione, l’intenzione di proporre due o addirittura tre candidati all’attenzione del Plr svizzero per la successione di Didier Burkhalter. Il messaggio al gruppo Plr alle Camere federali poteva essere questo: vi offriamo un’ampia scelta, con persone valide e preparate, e auspichiamo che il Plr proponga al Parlamento un ticket con due candidati ticinesi. A quel punto è probabile che i papabili romandi si sarebbero ritirati da soli e la strada sarebbe stata spianata.
Il Plrt ha tuttavia annunciato di puntare su una sola candidatura. Già questo annuncio è bastato per rincuorare gli interessati romandi che ora attendono di conoscere la candidatura ticinese. Se fosse un uomo di destra, le chance di una donna romanda collocata al centro salirebbero di parecchio perché avrebbe l’appoggio dell’intero blocco del centro-sinistra e anche di diversi uomini Plr svizzerotedeschi che ambiscono al posto di Johann Schneider-Ammann. Nella Berna federale la tattica del Plrt ha perciò sorpreso molti osservatori, perché colma di rischi per la Svizzera italiana. Ma il nostro errore è questo: siamo troppo focalizzati sull’importanza di avere un italofono in Consiglio federale. Gli strateghi del Plrt ragionano invece nell’ottica seguente: come approfittare di quest’occasione per consolidare il potere politico del Plrt a livello cantonale e, soprattutto, per frenare l’emorragia di voti andati alla Lega?
In altre parole, al Plrt interessa che la candidatura italofona sia decisa in Ticino, non a Berna, e che sia utile agli interessi politici del Plrt. Lo ha detto d’altronde chiaro e tondo Fulvio Pelli in un’intervista, apparsa il 21 giugno, sulla Regione: “La scelta della candidatura ticinese va fatta in Ticino: sarebbe un errore farla fare ad altri, altrove”.
Un aspetto importante, finora un po’ trascurato, è l’effetto domino che l’elezione potrebbe innescare. Se venisse eletto Vitta, gli subentrerebbe in Consiglio di Stato il giovane e telegenico portatore di speranze Michele Bertini, 32 anni, vicesindaco di Lugano. Bertini, contrariamente a Vitta, potrebbe diventare un traino di voti a livello cantonale e rimanere in carica per molti anni. A Bertini, nel Municipio di Lugano, subentrerebbe il granconsigliere Fabio Schnellmann (ma la carica sarebbe incompatibile con il suo impiego nell’amministrazione comunale) oppure, più probabilmente, Karin Valenzano Rossi, 45 anni, avvocatessa e capogruppo nel Consiglio comunale di Lugano. Lei fa parte della nuova generazione promossa dagli strateghi del partito. Non a caso, è l’unica donna membro dell’Ufficio presidenziale del Plrt.
Se venisse eletto Cassis gli subentrerebbe, in Consiglio nazionale, l’ex presidente del Plrt Rocco Cattaneo e basta. Alla Sadis invece non subentrerebbe nessuno. Questo aiuta a spiegare perché la sua potenziale candidatura sia stata accolta con freddezza in seno al Plrt. C’è persino chi la attacca perché sarebbe appoggiata dai socialisti, quando in realtà in Consiglio di Stato ha fatto una politica, in particolare fiscale, chiaramente di destra. Senz’altro meno ideologica rispetto a chi l’ha preceduta, ma in compenso priva di scandali e conflitti di interesse. La Sadis potrebbe avere più chance che gli altri, non solo perché donna e ticinese, ma perché è l’unica con un’esperienza politica sia nell’esecutivo cantonale sia nel Parlamento federale. Se invece il Plrt puntasse soltanto su un uomo, corre il rischio che una candidatura romanda femminile gli sbarri la strada.