laRegione, 12 giugno 2013, p. 20. PDF
di Nenad Stojanovic*
Il salario minimo legale è uno strumento particolarmente efficace per combattere il dumping salariale. Se il datore di lavoro sa che a ogni dipendente deve versare almeno X franchi al mese, egli non può offrire salari che corrispondono a “X meno 1’000” franchi, andando magari a cercare la manodopera oltre frontiera. Ma tutto dipende dall’ammontare di “X”. Se esso è fissato, per esempio, a 2’900 franchi, è chiaro che è troppo basso, anzi rischia di ridurre i salari che oggi superano tale soglia.
L’iniziativa popolare della sinistra e dei sindacati su cui voteremo all’inizio dell’anno prossimo prevede un salario minimo di circa 4’000 franchi al mese. Varrebbe in tutta la Svizzera e per ogni settore dell’attività economica.
Nelle scorse settimane i Verdi ticinesi hanno raccolto firme per dei salari minimi cantonali, differenziati per settore. Non sappiamo, però, quale sarà il loro ammontare. Non a caso alcuni esponenti della destra ticinese, persino il presidente della Camera di commercio, vedono di buon occhio questa proposta. Concretamente, ritengono che il salario minimo di 4’000 franchi sia troppo alto.
È proprio questo il motivo di fondo per cui il Partito socialista (Ps) non sostiene l’iniziativa dei Verdi. Il fatto che un’iniziativa simile è stata accolta, ma non ancora attuata, nel canton Giura su proposta dei socialisti non implica alcun automatismo: il Ticino non è il Giura. Ma vi è anche un motivo strategico: in vista della votazione sul salario minimo di 4’000 franchi la proposta dei Verdi potrebbe essere controproducente. Permetterebbe insomma alla destra ticinese di dire: “Cittadini, votate no alla proposta dei sindacati, è meglio avere una soluzione cantonale”. Non a caso, la Lega si è sempre dichiarata contraria ai 4’000 franchi ma sul suo sito fa pubblicità per l’iniziativa dei Verdi.
Forse ci sbagliamo nella nostra valutazione della realpolitik ticinese. Ma si tratta di preoccupazioni legittime che per lo meno meritano ascolto e rispetto.
Perciò è per me incomprensibile l’atteggiamento di alcuni esponenti dei Verdi che continuano ad attaccare il Ps e altri su questo tema. Per rendere l’idea cito alla rinfusa qualche loro commento. “Capito? Salario minimo ok, ma solo se proposto da loro! Che tristezza!” (Greta Gysin). “È una mentalità mafiosetta, la solita pisciata territoriale che, se non altro, chiarisce la visione del mondo di UNIA e del Ps “(Sergio Savoia). “Cari compagni, sì, è vero, gli ecologisti non si occupano solo di ambiente. Vi infastidisce?” (Michela Delcò-Petralli).
I Verdi hanno elaborato la loro proposta da soli, senza coinvolgere gli altri partiti di centro-sinistra. È una loro scelta che rispetto. Ma se ci fossimo messi insieme avremmo potuto elaborare un testo migliore, che magari avrebbe soddisfatto tutti, no? Guai però se un socialista osa avanzare quest’osservazione. Viene subito accusato di peccare d’invidia oppure di non rispettare l’autonomia d’azione dei Verdi. Quando la raccolta firme non procedeva come avevano sperato, davano la colpa al cattivo tempo e all'”incomprensibile ostruzionismo” di parte della sinistra. Ma con quale logica, mi chiedo, i Verdi possono rivendicare l’autonomia d’azione per poi rifiutarla ad altri, e in particolare aspettarsi che il Ps sostenga le loro proposte a scatola chiusa?
Non solo: i vertici dei Verdi hanno accuratamente evitato di chiedere un sostegno ufficiale al Ps, ma al tempo stesso sono andati a contattare in modo mirato, uno a uno, singoli esponenti socialisti invitandoli di aderire al comitato d’iniziativa. Non appena ottenuto il sostegno di alcuni di essi se ne sono vantati pubblicamente, ma sempre nella chiave anti-Ps, come per dire: “Vedete, non tutti i socialisti sono così ottusi come i loro dirigenti”.
Un tale atteggiamento è scorretto e mi amareggia. Non ho problemi a dire che sono sì un esponente dell’ala ambientalista del Ps, ma anche che condivido buona parte del programma dei Verdi svizzeri. L’appartenenza a un partito conta, ma è drammaticamente urgente che in Ticino ci sia un fronte forte e unito di sinistra. Un fronte fatto da diverse componenti libere e autonome nelle loro scelte, ma che remano nella stessa direzione.
*vice presidente del Partito socialista