Perché i socialisti stanno perdendo consensi?

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Il Caffè, 5 luglio 2015, pp. 26-27. PDF

Nenad Stojanovic*

Il Partito socialista è in forte calo di consensi. Dal 19,0% alle elezioni cantonali (Gran consiglio) del 2007 è passato al 14,6% nel 2015, perdendo ben cinque deputati. Lo stesso seggio in Consiglio di Stato comincia a traballare. Ma a preoccupare è soprattutto la mancanza di leadership, la fatica nel trovare una linea politica chiara e condivisa, l’incapacità di opporsi alla “Grande Narrazione” che in Ticino vede tutti i partiti (storici e no) schierati contro l’Europa, contro i frontalieri, contro l’apertura. L’esempio emblematico è la recente conferenza cantonale socialista in cui, su proposta della direzione del partito, ben tre punti del programma del Ps sulla politica europea sono stati abbandonati o ammorbiditi. Le ragioni di questo calo di consensi sono molteplici, le domande sono molte. Proviamo a fornire alcune risposte, cominciando dalla domanda chiave in ogni democrazia: per quali motivi i cittadini-elettori votano per un partito?

Per chi votare?

In una democrazia ogni cittadino è libero di scegliere il partito per cui votare e, semmai, dentro il quale impegnarsi attivamente. Lo fa in base ai propri valori e opinioni politiche. In Ticino (ma non solo) per tanti anni è prevalso un concetto ereditario e quasi etnico di “appartenenza” a un partito. Uno vota per il partito X perché è il partito dei suoi genitori, nonni, bisnonni… In altre parole, un giovane che sceglie di votare per il partito X spesso ignora i motivi storici che sono all’origine della nascita di tale partito. Ecco perché in Ticino cambiare partito era spesso vissuto come un tradimento anche verso la propria famiglia.

Il voto per il Ps si eredita?

Il Ps nasce nel contesto del movimento operaio ticinese, quindi in un ambiente proletario. È soprattutto a partire dal ‘68 che i giovani delle famiglie borghesi osano lasciare i loro nidi politici per passare al Ps (e soprattutto al Ps Autonomo) e “tradire” così la propria tradizione familiare (cattolico-conservatrice o liberale-radicale). Negli anni ’90 un fenomeno analogo ha caratterizzato il successo della Lega. Ancora oggi la “vecchia guardia” del Ps sa benissimo chi di loro proviene da una famiglia Ppd piuttosto che Plr. Ma col tempo si sono formate anche le famiglie socialiste. Ecco quindi che per un giovane nato in una tale famiglia votare per il Ps, o candidarsi sulle sue liste, è una scelta naturale. Sebbene in confronto ad altri partiti il Ps resti un partito molto aperto, anche verso chi è nato fuori Ticino, si constata che almeno un terzo della sua lista per il Gran consiglio è di solito composto da candidate e candidati che sono mogli, mariti, figli o nipoti di persone già attive nel Ps.

Ma avere un familiare del Ps deve diventare uno stigma?

No. Ogni persona è un individuo e merita di essere giudicata in quanto tale, non in quanto “figlia di”. Il problema semmai è quando la scelta di un giovane di votare o di candidarsi per un partito non scaturisce da un impulso (forse rabbia) interiore, da un’analisi del mondo che lo circonda, da una certa idea di giustizia ed eguaglianza. Se mancano questi presupposti uno rischia di trovarsi in un partito con il quale fa fatica a identificarsi. Ma soprattutto, farà fatica a condividere la sua linea politica. Gli rimangono due alternative: uscire, oppure rimanere dentro Ti-Press e remare contro. Si nota tuttavia che talvolta chi rimane dentro e rema contro lo fa per motivi di carriera personale: facendo due calcoli ha capito che non gli conviene cambiare partito.

Un partito di opportunisti e carrieristi?

In politica è impossibile non imbattersi in opportunisti e carrieristi, coloro che vedono l’appartenenza a un partito come un mero strumento per ottenere un impiego remunerato. Ecco quindi che i partiti, di destra e di sinistra, che in un sistema consociativo come quello svizzero condividono il potere, attirano sempre e inevitabilmente degli opportunisti. In ogni partito essi creano solo difficoltà. Perché non permettono di mantenere una linea politica chiara. Perché fanno scappare i militanti onesti, e soprattutto tanti giovani, che lottano per una causa senza alcun rendiconto personale. È vero che rispetto agli altri due partiti storici, il Ps non è mai stato nella posizione di influenzare l’attribuzione di un numero significativo di impieghi pubblici o parapubblici. Ma qua e là sì: nell’amministrazione cantonale, nell’apparato giudiziario, nelle aziende para-pubbliche (inclusa la radiotelevisione, la Rsi). A livello cantonale, ma anche nei comuni: si pensi soprattutto ai numerosi consigli d’amministrazione legati alla Città di Lugano. Sia chiaro: lungi da noi affermare che ogni persona che fa parte di un consiglio d’amministrazione agisca per opportunismo. Tanti lo fanno con spirito di servizio, cercando di portare avanti i valori del partito tramite il quale sono stati nominati. Ma ogni tanto si vedono nomine che vengono giustificate solo con il profilo professionale del candidato, senza che egli abbia mai scritto una sola lettera ad un giornale per difendere una certa causa politica, che abbia raccolto una sola firma per iniziative o referendum, o che abbia partecipato anche con altri mezzi (per esempio tramite donazioni volontarie) alla vita del partito.

Parlando di finanze, in che stato si trova il Ps?

La totale mancanza di trasparenza nel finanziamento dei partiti politici e delle campagne di votazione in Ticino e in Svizzera colpisce soprattutto i partiti di sinistra. Il finanziamento pubblico dei partiti è un ideale della democrazia – negli ultimi tempi ingiustamente osteggiato e addirittura irriso a causa di alcuni scandali che riguardano la partitocrazia italiana – perché libera i partiti dalle lobby che oggigiorno sono in grado di influenzare pesantemente le decisioni politiche. In questa situazione, il Ps avrebbe da guadagnare enormemente facendo una politica per la trasparenza, ma ciò non fa parte dei suoi temi principali.

E il rapporto con i sindacati?

Essendo il Ps nato per difendere i lavoratori, è evidente che ha legami stretti con i sindacati. Nel passato anche recente, i dirigenti del Ps (il presidente, il capogruppo) erano allo stesso tempo, o lo erano stati, dirigenti dei principali sindacati del cantone. Nonostante questo legame strutturalmente forte, è importante che ci sia una netta distinzione di ruolo fra partito e sindacato. Questo non è sempre stato il caso. Il motivo è semplice: un partito deve badare all’insieme degli interessi che rappresenta e non solo a quelli dei salariati. I problemi vengono al pettine quando si è confrontati con conflitti sugli obiettivi da perseguire. Un esempio: per ragioni legate alla protezione dell’ambiente e all’uso parsimonioso del suolo nonché di risorse pubbliche, il Ps dichiara nel suo programma che il cantone debba rinunciare “a una politica di sostegno del traffico aereo commerciale”. Taluni propongono anche di chiudere l’aeroporto di Lugano. Ma tali proposte sono osteggiate da sindacalisti che – anche giustamente, dal loro punto di vista – difendono gli impieghi di chi lavora per l’aeroporto.

Alla fine, tutto è un problema di comunicazione?

La comunicazione è un osso duro. Per tutti i partiti. In Ticino lo è forse di più per il Ps che non ha un suo settimanale, contrariamente agli altri tre partiti di governo. Anche i tre quotidiani hanno i legami relativamente stretti con il Ppd e con questa o quella ala del Plr. Il mensile “Confronti” che fa capo al Ps esce invece a intervalli troppo lunghi per riuscire a marcare il segno nell’attualità politica quotidiana o settimanale. Una soluzione è difficile da trovare. I tentativi di creare un organo di comunicazione del Ps, o anche dell’area del centro-sinistra, ci sono stati, anche di recente, ma si sono tutti arrenati di fronte al problema del finanziamento. Per gestire in modo professionale un portale news, e eventualmente stamparlo di volta in volta, occorre infatti un budget di almeno 150’000 franchi all’anno.

C’è speranza per il partito?

In teoria sì, perché i partiti come quello socialista basano il loro programma su alcune rivendicazioni che sono sempre attuali: giustizia sociale, pari opportunità, ridistribuzione della ricchezza. Troveranno sempre elettori che condividono questi valori. Il problema lo vivono invece i partiti che hanno perso la loro ragion d’essere e si basano soltanto sul voto di famiglia. Essi perdono la propria base elettorale man mano che i loro elettori fedeli muoiono. Per fare un esempio concreto: perché un 18enne dovrebbe votare oggi per il Ppd? La regione d’essere per la quale questo partito fu creato nel 19° secolo – la difesa dei valori religiosi contro il liberalismo laicista – è venuta a mancare. Non a caso, dal 1971 ad oggi, a ogni elezione del Gran consiglio il Ppd ha perso parte del suo elettorato, dimezzando quasi il suo bacino di elettori passati dal 34.9% nel 1971 al 18.6% nel 2015.

E in pratica?

Il Ps fa fatica ad avere un profilo chiaro. Paradossalmente, più diventa piccolo, più nel suo interno cresce la paura della scissione. Scissione che, per ragioni storiche, è un vero tabù nel Ps. Ciò talvolta produce come effetto che la dirigenza non riesce, o non vuole, distanziarsi da questo o quell’altro esponente che con la sua attività pubblica e politica rema contro il partito di cui fa parte. Questi esponenti prima o poi se ne vanno da soli (negli anni recenti alcuni deputati e altri rappresentanti del Ps sono passati alla Lega o ai Verdi) ma alla fine è il profilo stesso del partito a soffrirne; profilo che dovrebbe essere il principale elemento di attrazione per l’elettorato.

*politologo

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